La storia di Pedro: “Una nuova vita grazie allo studio dell’italiano”
Pedro Fazzino ha 31 anni e viene dal Venezuela. Commercialista, ha lavorato per un po’ di tempo in una società petrolifera nel suo Paese per poi occuparsi dei tre negozi di famiglia.
“Vivevamo bene, avevamo tutto, ma poi la crisi economica ha reso ogni cosa più difficile. Nei negozi non si trovavano più beni di prima necessità, come la carta igienica. In uno Stato ricco di petrolio, si facevano ore in coda per fare benzina perché solo un distributore in città la aveva”, racconta Pedro che nel 2015 ha deciso di trasferirsi in Italia insieme alla moglie “perché i miei nonni erano italiani e io avevo la cittadinanza, perciò per me era più facile a livello burocratico costruire una nuova vita qui rispetto agli Usa o a Paesi più vicini come l’Argentina, il Messico o la Colombia, dove si parla spagnolo ma sarei rimasto un immigrato”.
Prima del 31enne nello Stivale era arrivato il fratello 18enne che, dovendo iniziare l’università, aveva optato per Torino convinto dall’offerta formativa del Politecnico. Il capoluogo piemontese è stato così per Pedro una scelta un po’ casuale. I nonni erano di origine siciliana, ma dal momento che il fratello era in Piemonte “io e mia moglie abbiamo deciso di seguirlo anche perché nel Nord Italia dicevano ci fosse più lavoro. Credo che sia stata la città a scegliere noi. C’è tutto, si vive bene lontano dal caos di metropoli più grandi, come Milano o Roma, e da qui non ce ne andremmo mai”.
In ogni caso, gli inizi in una nuova nazione, senza conoscerne la lingua, non sono stati facili. “Dovevo rifare la patente, perché quella venezuelana mi permetteva di avere un permesso turistico per guidare ma non aveva validità permanente, e il corso era in italiano. Anche per cercare lavoro, non conoscendo la lingua, avevo molte difficoltà”, ha spiegato il ragazzo. Da qui la decisione di frequentare una scuola d’insegnamento della lingua italiana per stranieri. “La scelta è ricaduta in un istituto dell’Asils – ha ammesso Pedro – perché su internet aveva ottime recensioni, poi durante il primo colloquio la disponibilità della direttrice e di tutti i collaboratori ci hanno convinti”. Il 31enne ha frequentato l’istituto insieme alla moglie, dopo che anche il fratello l’aveva sperimentata, e racconta che durante il corso c’erano studenti da ogni parte del mondo.
“All’interno della scuola si parlava solo ed esclusivamente italiano, ma la caratteristica che ho apprezzato maggiormente, oltre alla gentilezza dello staff – rivela il ragazzo – sono state le attività extra offerte dalla struttura. Ogni settimana venivano organizzate gite per conoscere la città con una guida che ci spiegava la storia e le tradizioni del luogo. Ovviamente le spiegazioni erano in italiano e la curiosità di conoscere perché un quartiere fosse stato costruito in un certo modo o chi ci viveva e quando fosse stato realizzato stimolava ancor di più l’apprendimento. Oltretutto ci ha dato modo di entrare direttamente in contatto con la cultura italiana, permettendoci di comprenderla e di poterci facilmente inserire all’interno della società di questo Paese”.
La lingua italiana, per Pedro, è musicale, bella, ma è stata anche la chiave per ricominciare una nuova vita. “Ci ha dato una seconda possibilità. Grazie all’italiano siamo riusciti a ricostruire una quotidianità in una nazione in cui si può vivere benissimo. Alcuni italiani si lamentano, dicono che qui non funziona nulla. Certo, c’è sempre qualcosa da migliorare anche in nazioni più solide come potrebbero essere i Paesi scandinavi, ma ci sono altri posti in cui le azioni più comuni, come andare a fare la spesa, sono realmente molto più complicate. In Italia siamo liberi e abbiamo avuto l’opportunità di ricrearci un futuro e crearne uno per i nostri figli”. Una volta imparato l’italiano, il 31enne e sua moglie sono riusciti ad aprire un negozio di ritiro e spedizione dei pacchi con un franchising. “La scuola ci ha aiutato anche in questo – ha rivelato Pedro – una cosa di cui saremo sempre grati a tutte le persone che lavorano in quell’istituto è stata l’umanità che vi abbiamo trovato. Dal primo momento hanno capito i nostri bisogni e ci hanno supportato non solo nello studio della lingua, ma anche per la risoluzione di problemi personali, come la ricerca di un lavoro, con consigli e aiuti pratici”.