Intervista allo scrittore Wolfram Fleischhauer: “L’Italia è la culla del buon gusto”
Scrittore di dieci romanzi, sei dei quali tradotti e pubblicati anche in Italia, e interprete a Bruxelles, Wolfram Fleischhauer è un amante della cultura italiana che ha voluto conoscere anche con lo studio della nostra lingua. Per farlo lo scrittore ha frequentato una delle scuole Asils perché “mi era stata raccomandata da diversi colleghi” che l’avevano già frequentata ed è rimasto pienamente soddisfatto dell’organizzazione dell’istituto: “L’insegnante era eccellente e il gruppo ottimo”. Tornato nelle librerie a maggio con “Rosso come il mare”, Wolfram ci ha parlato del suo nuovo romanzo attraverso il quale ha cercato di mandare un messaggio all’Unione Europea, della società e soprattutto di cosa lo affascina dell’Italia.
Perché ha deciso di studiare l’italiano?
Lavoro già da anni come interprete di inglese, francese e spagnolo. Visto che a Bruxelles sono necessarie sempre più lingue, era logico sceglierne una che potessi imparare in tempi relativamente brevi. Inoltre, sono spesso in Italia, amo il Bel Paese, la cultura e soprattutto la cucina.
Cosa l’affascina della cultura italiana?
Soprattutto l’arte del Rinascimento. Amo la cucina italiana, ma anche i diversi paesaggi e regioni. Per me, l’Italia è la culla del buon gusto, sia nell’abbigliamento che nel design o nella moda. Mi piace anche la natura umana e calda degli italiani.
Quali sono stati i punti di forza, gli aspetti che ha maggiormente apprezzato dell’offerta formativa della scuola Asils che ha frequentato?
L’insegnante era molto preparato, vivace e un po’ severo, ma mi piace molto quando qualcuno ha un programma chiaro. Inoltre c’era un buon mix tra grammatica, comprensione, conversazione. Anche il gruppo era molto buono. Ho imparato molto.
Quanti libri ha scritto finora e quanti sono usciti in lingua italiana?
Quest’anno è stato pubblicato il mio decimo romanzo. Sei di essi sono stati tradotti finora in Italia: “Un enigma color porpora”, “Il libro che cambiò il mondo”, “L’ombra dell’ultima rosa”, “La donna dalle mani di pioggia”, “Rosso come il mare” e “Il bosco silenzioso”.
La conoscenza della cultura e della lingua italiana ha influenzato anche la sua carriera di scrittore? Come?
Il mio primo romanzo riguardava una congiura alla corte francese, gestita da Ferdinando de Medici. La corrispondenza segreta delle spie medicee ha giocato un ruolo importante nel romanzo, così ho dovuto imparare l’italiano antico per decifrare le lettere, anche se ho ricevuto aiuto per i testi più difficili. Un insegnante importante per me è stato Umberto Eco, perché ha dimostrato che anche gli argomenti difficili si possono raccontare in modo divertente.
Da dove prende ispirazione per i suoi libri?
Dal mondo reale e dagli archivi. Scrivo essenzialmente thriller culturali su argomenti o fenomeni che mi affascinano, che si tratti di religione, filosofia, danza, esoterismo, ecologia. Non importa, sia presente o passato.
Nel suo ultimo libro, uscito a maggio, “Rosso come il mare”, la scomparsa di una donna con il compito di verificare la regolarità della pesca per conto dell’Ue è anche un modo per raccontare i meccanismi dell’Unione Europea e le anomalie che ruotano attorno al mercato ittico?
Sì, il romanzo è da un lato un eco-thriller, dall’altro, si spera, un appello per un’Europa unita. Perché il conflitto tra gli Stati membri va a vantaggio di un gruppo in particolare: la criminalità organizzata. Se vogliamo preservare e forse anche esportare i nostri valori come lo Stato di diritto, i diritti umani e la giustizia sociale, possiamo farlo solo se l’Europa è unita e forte. Questo è uno dei messaggi chiave del romanzo, e per me è anche molto importante.